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COVID E LE SPESE

Quanto è costata all'Italia l'emergenza Covid?

di Giulia V.

Il Covid ha cambiato le nostre vite, ha stravolto le nostre abitudini, gli equilibri personali e familiari, e come se non bastasse, ci ha anche piegati economicamente. Tra le voci di spesa pubblica prima fra tutte quella sanitaria. Tra vaccini, acquisti di materiali e servizi, assunzioni di personale da parte del commissario straordinario per l’emergenza e delle Regioni, si arriva a quasi 24 miliardi di euro. Ed è una stima ancora per difetto. Perché tra le voci di spesa c’è stata anche quella privata, difficilmente quantificabile. Quella cioè alimentata e sostenuta dagli acquisti quotidiani legati al Covid da parte delle famiglie, delle piccole e medie imprese, degli artigiani, dei commercianti. Parliamo di mascherine, tamponi, gel, test sierologici. 

In merito alle mascherine che sono e resteranno il simbolo della pandemia, sono costate  900 milioni di euro (e proprio per una vicenda legata all’acquisto di lotti di questo dispositivo di protezione, Arcuri è indagato dalla procura di Roma). Seguono i tamponi, le tute di protezione e i camici impermeabili. Ma i contratti hanno riguardato anche gel igienizzante, ventilatori polmonari, provette. Solo di guanti in vinile sono stati spesi circa 70 milioni di euro. 

La spesa per i vaccini è stata tra le più importanti. Era il 27 dicembre del 2020 quando sono state somministrate le prime dosi. Uno straordinario successo della ricerca delle aziende private, che abbondantemente finanziate dai governi mondiali sono riuscite a produrre uno strumento di prevenzione efficace nello stesso anno della comparsa del virus nel mondo. A fare gli accordi con le aziende è l’Europa, i vari Paesi hanno chiesto la loro quota. Di solito negli accordi c’è una quota fissa, nel senso che gli Stati a un certo punto possono interrompere le forniture, cosa che con Pfizer difficilmente avverrà, come invece è avvenuto con AstraZeneca (il più economico di tutti, nemmeno 2 euro a dose) ma anche di Janssen. Altro aspetto previsto è la possibilità di avere dei vaccini “adattati”, cioè modificati per fronteggiare una eventuale nuova variante. La scelta del maxi acquisto va incontro alle previsioni di molti esperti, secondo i quali almeno i fragili, se non una fetta più ampia della popolazione, potrebbero aver bisogno di fare un richiamo una volta l’anno. Per questo non è facile calcolare il costo per l’Italia. Ma analizzando i dati dell’Autorità nazionale e escludendo i rapporti che si sono interrotti o che non sono neanche partiti, si arriva alla ragguardevole cifra di circa 2,5 miliardi. Ai quali vanno aggiunti quelli del recente accordo con Pfizer. I vaccini da soli sono costati da soli più di tutte le altre forniture acquistate dal commissario straordinario.

Le spese per la “sanificazione” e l’acquisto di dispositivi medici si aggira a 3,3 miliardi di euro, divisi tra 2,1 miliardi nel 2020 e ulteriori 1,2 miliardi l’anno scorso. I  costi riguardano la spesa segnalata da aziende con un numero di addetti compresi tra i 3 e i 49, che hanno indicato come “rilevanti o molto rilevanti” gli impegni economici per la sanificazione di ambienti di lavoro, fornitura di lavoratori di beni igienizzanti, mascherine e altri dispositivi di protezione individuale. A cui si devono poi aggiungere i costi per la formazione specifica per i lavoratori e degli addetti alla sicurezza o per la rotazione del personale per garantire il distanziamento.

Sulle farmacie italiane è poi scattato anche un effetto export:l’emergenza sanitaria degli ultimi due anni ha avuto come effetto il calo della produzione di materiale medico-sanitario made in Italy, mentre è cresciuto l’export, soprattutto proveniente dai paesi emergenti orientali. Negli ultimi due anni, il fatturato complessivo delle importazioni dai paesi asiatici è cresciuto del 30 per cento, con la Cina in primo piano, il cui giro d’affari nel nostro paese è salito del 15,1%, mentre rappresenta un vero caso il fenomeno import dalla Corea del Sud (+309,9%). Cosa abbiamo importato in più dall’Asia e in quali percentuali? Al primo posto la diagnostica in vitro come tamponi e reagenti (+476%). Complessivamente il giro d’affari dei prodotti in arrivo dall’estero è salito negli ultimi a 8,5 miliardi.

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