di Giorgia M.
Tutti ormai da più di due anni abbiamo introdotto le mascherine nella nostra vita quotidiana, ma il loro uso è diventato talmente intensivo che ora sono al centro di un serio problema di inquinamento. Secondo la National Geographic nel mondo vengono utilizzate più di 129 miliardi di mascherine ogni mese. Le quantità sono enormi, e lo è anche la quantità di mascherine che finiscono nel mare, che causano la morte di molti pesci. Lo studio di Environmental Advances spiega che una singola mascherina può rilasciare in mare fino a 173.000 microfibre al giorno. Ebbene sì, le mascherine contengono fibre di plastica, che rimangono nell’ambiente per decenni prima di degradarsi.
Ecco perché il team dell’Università di Bristol sta cercando di riciclare i componenti di queste mascherine in un materiale per la stampa 3D. Il team ha raccolto un certo numero di mascherine difettose dalle quali ha rimosso gli elastici che fissano la maschera alle orecchie e il filo che stringe del naso. Le mascherine vengono poi riscaldate e pressate con un ferro da stiro e della carta antiaderente, per trasformarle in fogli rigidi.

Una volta completata questa fase, vengono macinati in fini granuli di polipropilene, il materiale con cui sono realizzate le mascherine. Infine, i granuli blu passano attraverso una macchina trafilatrice che li trasforma in filamento. Grazie alla serie di processi ad alta temperatura, le mascherine sono disinfettate e non contengono batteri o virus. Dopodiché, i filamenti devono essere trasformati in modo da essere adatti al processo di stampa, quindi messi in una macchina chiamata Filastuder. Ora che il filamento è stato sviluppato, gli scienziati mirano a dare una seconda vita alle mascherine chirurgiche e promuovere così l’economia circolare.
