di Gabriel G.
La crisi tra la Russia e l’Ucraina non è scoppiata all’improvviso. La crisi è il risultato di un contrasto che dura da otto anni: da quando nel 2014, Mosca ha invaso la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass. Europa e Stati Uniti non possono stare a guardare: l’Ucraina si trova ai confini con l’UE e con la NATO (la cui Russia teme un ulteriore allargamento a est), ed è un punto di passaggio cruciale per la fornitura di gas proprio dalla Russia. Dal 1923 fino al 1991 l’Ucraina è stata poi una delle Repubbliche dell’ex Unione Sovietica, ricoprendo il ruolo fondamentale di “granaio dell’URSS” grazie alla grande estensione di terreni coltivabili. Dopo l’indipendenza, la relazione tra Mosca e Kiev è stata travagliata e ondivaga, a causa di un’alternanza tra governi più filo-russi e altri più vicini all’Occidente. La posizione dell’Ucraina tra Unione Europea e Russia fa sì che il conflitto abbia valenze che vanno ben oltre all’aggravarsi delle divisioni interne del paese. Negli ultimi anni, l’Ucraina ha ricevuto il supporto militare del fronte occidentale , riaccendendo le preoccupazioni russe di fronte a un suo ulteriore avvicinamento alla NATO. Dopo il collasso dell’URSS, questa si è infatti espansa fino a includere paesi che la Russia ha storicamente considerato facenti parte della sua orbita: uno sviluppo che il Cremlino considera una minaccia a livello sia securitario che simbolico. Per quanto molti esperti considerino irrealistico che l’Ucraina possa davvero unirsi all’alleanza transatlantica, Putin ha avanzato richieste di garanzie di limitazioni delle azioni NATO nella regione, che includono il divieto di ulteriori allargamenti, il ritiro delle forze da paesi che si sono uniti all’Alleanza dopo il 1997. Fin dalla sua comparsa come stato indipendente in seguito alla dissoluzione dell’URSS nel 1991, la vita politica ucraina è stata segnata dalla sua posizione intermedia tra Unione Europea e Russia, e da divisioni regionali, in particolare tra la parte occidentale e quella orientale, in cui un’alta percentuale della popolazione (secondo l’ultimo censo condotto nel 2001, oltre il 50% in Crimea e Donbass) si identifica nativa di lingua russa. Dopo tumultuosi mesi di dibattiti politici e proteste popolari nel 2013, il 2014 è stato l’anno della svolta, con l’annessione da parte della Russia della penisola ucraina della Crimea. Nello stesso anno, una linea di conflitto si è aperta nella regione orientale del Donbass. I separatisti hanno preso il controllo di parti del territorio, dichiarandosi indipendenti con il nome di Repubblica Popolare di Lugansk e Repubblica Popolare di Doneck. Perché l’Ucraina è importante per l’economia dell’Europa?: il principale motivo per cui l’Ucraina ha un’importanza è perché da Kiev passa infatti oltre il 37% del gas naturale diretto dalla Russia verso Occidente (dati del 2021): una percentuale che negli ultimi anni si è ridotta, di pari passo con la realizzazione di nuovi gasdotti che hanno permesso l’apertura di rotte alternative. Tanto meno all’Italia, che dipende da Mosca per il 40% delle proprie importazioni di gas naturale. Un’arma di ricatto formidabile nei confronti dell’Europa in mano alla Russia, che ha già iniziato a chiudere i “rubinetti” in direzione di Kiev, dato che i flussi di gas in transito dall’Ucraina sono ai minimi degli ultimi anni. Ma anche uno strumento di pressione per fare approvare il recente – e discusso – gasdotto Nord Stream 2, che porterebbe l’energia direttamente in Germania attraverso il Baltico e che si inserisce nel disegno russo di diversificare le rotte di approvvigionamento bypassando l’Ucraina. All’alba del 24 febbraio il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina e le truppe di Mosca sono ormai alle porte di Kiev. Vladimir Putin ha fatto tremare il mondo. Domenica ha ordinato alle forze nucleari russe di tenersi pronte. Ne ha aumentato nel giro di pochi secondi il livello di allerta. Siamo davvero sull’orlo di una guerra nucleare? Bisogna fare una premessa. Come il sistema americano, anche quello russo si basa su quattro livelli di allarme: uno costante, un altro elevato, un altro ancora di pericolo militare imminente e un ultimo di massima allerta. Per ora, lo Zar russo ha posizionato l’arsenale nucleare al secondo gradino di allarme.
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bellooooo