di Damia S.
Top 5 “writing advice” che hanno bisogno di qualche spiegazione in più.
- SHOW DON’T TELL
Questo è probabilmente uno tra i consigli più famosi e utilizzati dagli scrittori che per la prima volta si affacciano al mondo della scrittura. Sfortunatamente però, come ogni altra cosa, anche questo senza contesto è un consiglio pressoché inutilizzabile. Di fatto non sono poche le persone che, dopo averlo visto, cominciano a metterlo in pratica come fosse un comandamento religioso, una cosa che, come probabilmente avrete già capito da come la sto presentando, è completamente sbagliata!
Per seguirlo infatti, molti neo-scrittori finiscono col riempire pagine e pagine di dettagli effimeri, che non muovono la trama e lasciano il lettore con un senso di noia, tutte cose da evitare se non si vuole far scappare tutti i possibili lettori!
Quel che spesso viene taciuto è la sua applicazione migliore, ovvero, mostrare le emozioni, descrivere scene, persone e quant’altro, tramite i cinque sensi o le emozioni stesse.
- SE UNA SCENA NON SERVE TAGLIALA
No ti prego non farlo. Uno, è una vera e propria crudeltà verso il duro lavoro che hai fatto, due, lo sappiamo tutti che appena lo cancellerai verrà alla luce che l’unica frase, la frase perfetta che avrebbe potuto salvarti dal blocco dello scrittore, aiutare a eliminare la fame nel mondo, diventare presidente degli Stati Uniti e prendere la sufficienza in matematica, è nella scena che hai appena cancellato e magari neanche la ricordi bene. Sebbene non sappia se tu voglia diventare presidente d’America, la sufficienza in matematica fa sempre comodo, quindi la cosa migliore è avere per ogni storia due file word: uno per la storia in sé e uno per le parti cancellate. Con queste non è detto che tu non possa farci un prequel o un capitolo a sé stante in futuro!
- EVITARE GLI AVVERBI COME LA PESTE
Gli avverbi sono forse la peggiore delle “parti del discorso”, finiscono tutti con -mente, tranne quell’unico infame che nella verifica di grammatica ti si presenta a caso facendoti prendere un infarto. Come dire, gli avverbi possono sostituire praticamente di tutto sfortunatamente però, risultano spesso ridondanti e non aggiungono ritmo alla narrazione. La scrittura è un sistema di immagini, e in quanto tale non può contenere troppi avverbi, i quali sono perfetti per dare l’idea che si vuole trasmettere, ma non dell’immagine o emozione. L’errore più comune che si fa all’inizio è infatti utilizzare gli avverbi per descrivere azioni, dialoghi, situazioni d’animo, tono di voce, fermandosi strettamente all’avverbio senza andare oltre nella descrizione. Questo rende la scena molto piatta perché il lettore non è in grado di formarsi un’immagine ben precisa di quello che sta succedendo né del perché sta succedendo, oltre al fatto che in questo modo si perdono molte opportunità di caratterizzazione del personaggio. Non credete sia vero? Qui sotto un esempio di due scene uguali, una narrata con avverbi, l’altra con descrizioni più “verbali”:
-Se non ti sbrighi sarai in ritardo!- urlò la madre distrattamente nel vedere la figlia scendere velocemente le scale.
-Lo so!- le rispose lei frettolosamente. Poi prese una mela al volo e scappò a prendere l’autobus.
Un po’ bruttina non è vero? Anzi, se fosse presente in un libro finiremmo sicuramente col saltarla. Al contrario la seconda, con l’assenza degli avverbi superflui cambia completamente. Il lettore la visualizza, la scena è maggiormente definita insieme ad alcuni tratti dei personaggi che ritroveremo poi nella storia, anche il ritmo è valorizzato.
-Se non ti sbrighi sarai in ritardo!- urlò la madre alla figlia che scendeva le scale tre gradini per volta mentre sfogliava il giornale borbottando tra sé.
-Lo so!- rispose lei a denti stretti mentre allacciava le scarpe con una mano e infilava la giacca con l’altra. Poi prese una mela al volo e scappò a prendere l’autobus
Come potrete ben notare, l’ultima frase rimane uguale in entrambi i casi anche se contiene una locuzione avverbiale. Questo perché non tutti gli avverbi devono essere bruciati sul rogo, la possibilità di utilizzarli o meno dipende da quante descrizioni vogliamo implementare, dal ritmo che vogliamo darle e dall’importanza di questa frase all’interno della storia. In linea di massima è meglio evitare gli avverbi per la descrizione di emozioni e azioni, mentre possono essere più utili per la descrizione delle scene in sé.
- PRENDETE SPUNTO AI DIALOGHI REALI VS NON PRENDETE SPUNTO DAI DIALOGHI REALI
E qui parte la confusione, c’è chi dice che per rendere più realistici i dialoghi bisogna prendere spunto dalla vita reale, e chi invece ritiene che in questo modo i dialoghi diventino dieci volte più improbabili. Ciò è probabilmente causato da un semplice fatto: nella narrazione i dialoghi devono sempre portare a qualcosa, che sia questo un “foreshadowing”, una caratterizzazione dei personaggi o un avanzamento della trama. Invece, noi carissima gente del mondo reale, siamo soliti cominciare una discussione sulla pizza e finire a parlare dei giardini di Enrico VII, cosa che non può essere e non deve essere riportata nel dialogo narrativo (a meno che non abbiate una particolare necessità come un personaggio che è solito parlare così), perché lo renderebbe inverosimile. Lo so, risulta paradossale che su carta la realtà sembra inverosimile, ma non possiamo farci niente. Quel che è invece importante è ricordarsi di lasciare sempre uno scopo nei dialoghi, prendendo spunto dalla realtà per il modo in cui si comunicano le informazioni, ma cercando di essere sempre il più chiari possibili in quello che si vuole comunicare.
- NON USATE “DIRE” PER CARITA’!
Oltre al fatto che molti hanno un netto pregiudizio contro il povero verbo “dire”, alla fine non è del tutto sbagliato utilizzarlo, anche se in quel caso bisogna prendere delle precauzioni, ma partiamo dall’inizio. Che cosa c’è di male? In realtà niente, “dire” non ha commesso alcun crimine, non ha rapito né affogato nessuno, non ha rubato né è stato la causa della seconda guerra mondiale, ma sfortunatamente è nato con un significato troppo generico.
-Ecco- disse Lucia.
E’ arrabbiata? Sta puntando a qualcosa? E’ annoiata? Agitata? Frustrata, triste, sul punto di commettere un omicidio? Non lo sapremo mai, tutto quel che ci è dato sapere è che una certa Lucia in un tempo remoto disse “Ecco”. Ma come abbiamo detto prima, la scrittura ha bisogno di immagini forti per funzionare ed appassionare il lettore, una forza che “dire” non possiede affatto. Questo non significa certo che vada bandito a vita dal vocabolario, anzi, “dire” svolge un’ottima funzione se accompagnato da una minuscola e innocua descrizione degli stati d’animo e della situazione in cui è usato.
-Ecco- disse Lucia lanciando con foga la palla agli avversari come dovesse romper loro le ossa.
-Ecco- disse saltellando Lucia puntando con il dito alla cometa che da ore aspettava di vedere in giardino.
-Ecco- disse secca Lucia facendo segno ai compagni di ritirarsi, -ce l’ho-. Poi sparò.